Sensori ottici nell’industria automobilistica

18 Nov 2023

Pur non essendo una presenza di lunga data nell’industria automobilistica, la tecnologia dei sensori ottici è oggi indissolubilmente legata ai veicoli moderni. Creare un’immagine digitale attorno a un’auto era inizialmente un capriccio dei produttori automobilistici di fascia alta, ma l’uso diffuso di questa tecnologia è ora giustificato dagli elementi obbligatori della guida autonoma e dei sistemi di assistenza alla guida.

Nell’articolo odierno, parleremo del funzionamento e della costruzione dei sensori ottici, presentando in seguito alcuni esempi pratici del loro impiego nell’industria automobilistica.

I sensori induttivi rilevano i metalli, i sensori capacitivi rilevano solidi e liquidi nelle zone appropriate, mentre i sensori ottici sono progettati per rilevare un fenomeno molto più sfuggente: la luce. In altre parole, è grazie alla luce che vediamo ciò che ci circonda e, naturalmente, ciò avviene attraverso i nostri occhi che sono essi stessi sensori ottici. Secondo la fisica, la luce è un’onda elettromagnetica costituita da fotoni, o quanti di luce, assorbiti o riflessi da varie superfici.

Il compito di rilevare la presenza di queste particelle è compito dell’interruttore di prossimità ottico.

In pratica, i sensori non si attivano necessariamente quando c’è luce: la loro modalità di funzionamento dipende sempre da ciò che vogliamo rilevare.

I sensori ottici utilizzano una combinazione di dispositivi ottici ed elettronici per indicare la presenza di vari oggetti, siano essi un oggetto o un determinato materiale. La luce, come onda elettromagnetica, viene rilevata dal sistema tramite fotodiodi o fototransistor che costituiscono la parte ricevente del sensore. Un grande vantaggio di questo design è la sua estrema compattea. I sensori di questo tipo funzionano principalmente con luce infrarossa o rossa: la sorgente luminosa è quasi sempre un diodo emettitore di luce, o LED, che è la parte trasmittente del sensore. Il LED stesso è realizzato in arseniuro di gallio e alluminio e le lunghezze d’onda supportate vanno da 880 nanometri per gli infrarossi a 600 nanometri per le emissioni di luce visibile.

Se il sensore è progettato per funzionare con la luce visibile, la sua regolazione è molto più semplice perché l’asse ottico della sorgente luminosa può essere rilevato ad occhio nudo e l’attenuazione delle fibre ottiche polimeriche in questo intervallo di lunghezze d’onda è relativamente piccola.

La luce infrarossa ha anche applicazioni pratiche dove è richiesta maggiore luminosità e il fascio deve coprire distanze più lunghe. Inoltre, un altro vantaggio della luce infrarossa è che il sensore è meno suscettibile alle interferenze esterne.

Ciò non significa, ovviamente, che l’efficienza del sensore non possa essere modificata. Per eliminare, o almeno ridurre significativamente, le interferenze provenienti dall’ambiente, il segnale ottico viene modulato sincronizzando la frequenza degli impulsi del trasmettitore e del ricevitore. Anche il segnale ottico viene modulato e nel caso degli infrarossi vengono utilizzati anche filtri per la luce infrarossa.

Per le barriere fotoelettriche unidirezionali e a riflessione si distinguono i seguenti stati di commutazione:

  • NO cioè normalmente aperto: l’uscita del ricevitore si chiude se il percorso del raggio luminoso non viene interrotto da corpi o materiali estranei.
  • NC cioè normalmente chiuso: l’uscita del ricevitore si chiude quando un oggetto attraversa il percorso del raggio luminoso.
  • Condizioni simili si possono osservare anche con gli interruttori di prossimità riflettenti:
  • NO: L’uscita del sensore si chiude se c’è un corpo o un materiale davanti al sensore.
  • NC: L’uscita del sensore si chiude se non c’è nessun oggetto davanti al sensore.
Principio di funzionamento del sensore ottico riflettente: 1 – Oscillatore, 2 – Trasmettitore fotoelettrico, 3 – Ricevitore fotoelettrico, 4 – Preamplificatore, 5 – Accoppiamento elettronico, 6 – Convertitore di livello impulso/segnale, 7 – Indicatore dello stato di commutazione, 8 – Uscita con circuito di protezione, 9 – Sorgente di tensione esterna, 10 – Stabilizzatore di tensione, 11 – Sezione ottica, 12 – Uscita di commutazione (fonte: www.wikipedia.org)

Versioni speciali: telecamere

Le fotocamere occupano un posto speciale nella gamma dei dispositivi ottici. Una differenza fondamentale tra i tradizionali sensori ottici e le fotocamere è che, mentre i primi possono rilevare solo i cambiamenti che interessano i loro fasci di luce, le fotocamere sono in grado di creare immagini complete sulla base delle informazioni ricevute dai loro sensori. Ciò apre opportunità completamente nuove per molti settori.

La fotocamera raccoglie la luce grazie a un sistema ottico che la proietta su una superficie fotosensibile, che poi converte l’intensità e la frequenza della radiazione elettromagnetica in informazioni. Un tempo questo veniva fatto chimicamente, oggi invece esclusivamente elettronicamente.

L’avvento dell’imaging digitale ha dato un enorme impulso allo sviluppo della tecnologia delle fotocamere.

Negli ultimi decenni sono emersi diversi principi di imaging (come CCD o CMOS) che sono sempre più utilizzati, tra gli altri, nell’industria automobilistica.

Una delle caratteristiche principali delle fotocamere è la dimensione del sensore, solitamente espressa in pollici. Un fatto interessante è che il valore nominale solitamente non corrisponde alla dimensione effettiva del sensore. Le lenti circolari standard da 1 pollice hanno circa 16 mm di superficie rettangolare fotosensibile.

Un altro parametro importante è la risoluzione, ovvero il numero di pixel che possono essere visualizzati. Maggiore è la risoluzione, minore è la dimensione dei pixel a parità di obiettivo. Di conseguenza, una risoluzione più elevata non è sempre l’ideale, poiché i pixel più piccoli sono meno sensibili alla luce e possono produrre più rumore.

Tecnologia CMOS

Attualmente esistono molti metodi di imaging digitale: ne presenteremo brevemente uno.

CMOS (Complementary Metal Oxide Semiconductor) è una combinazione di MOSFET di tipo P e N. Ogni elemento dell’immagine ha un amplificatore separato che amplifica la carica su ciascun pixel: ecco perché sono anche chiamati sensori di pixel attivi.

In precedenza si preferivano i sensori CCD perché erano più sensibili e funzionavano con meno rumore. Attualmente però, grazie allo sviluppo della tecnologia CMOS, sono diventati competitivi sotto ogni aspetto e possono essere considerati la versione più diffusa.

Sensori ottici nelle automobili

Diversi sistemi di guida autonoma e ADAS sono praticamente inimmaginabili senza sensori ottici. Molti sistemi di guida autonoma utilizzano, ad esempio, la tecnologia LIDAR (Light Detection and Range), ovvero la tecnologia dei sensori di distanza laser, ma le auto Tesla risolvono il problema della guida autonoma solo utilizzando telecamere.

Senza sensori ottici questo minibus a guida autonoma sarebbe stazionario (fonte: www.pixabay.com)

Sono inoltre necessarie telecamere anteriori, posteriori e laterali e/o laser per i sistemi ADAS, con metà dei sensori ottici dedicati alla gestione del funzionamento in tempo reale e in cambiamento dinamico dei fari a matrice di LED.

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